Franco Zizola, illuminista del nostro tempo, con
il suo ultimo libro Roghi non si
contraddice mai, i suoi sentimenti, i suoi interessi sono sempre rivolti a ridar
voce a personaggi che, nei periodi bui della storia, hanno sfidato le Convenzioni,
le Culture, le Religioni imperanti, i Dogmi religiosi, non prodotti dalla Ragione,
ma da una fede imposta, e per questo motivo furono considerati eretici dalle gerarchie ecclesiastiche,
perseguitati, torturati, condannati nei Tribunali. Essi pagarono con la vita le
loro intuizioni e le loro convinzioni profonde, vittime della imperante tirannide
sacerdotale e del Tribunale dell’Inquisizione, Strumento creato dal potere
religioso di allora, per annientare le voci profetiche del dissenso, voci che
avrebbero potuto disorientare e far riflettere il gregge dei fedeli e
indebolire il potere Teocratico e di condizionamento della Chiesa.
Il nuovo
libro di Franco Zizola, come tutte le
sue opere precedenti, non è da leggere tutto di un fiato, ma da assaporare a
piccole dosi per comprendere fino in fondo i riferimenti storici e letterari, per afferrare gli
inconsueti raffronti con il tempo presente e cogliere gli specifici significati
che arricchiscono l’essenza dell’opera.
L’ autore, come
consuetudine nelle sue opere, intrattiene un ipotetico dialogo con il Dio Momo, figlio del sonno e della notte, Dio
del riso, della maldicenza del sarcasmo, della trasgressione, cacciato dall’
Olimpo perché scherniva anche gli Dei.
Tra le note
spicca anche l’originale filosofia di Franco Zizola “È più importante amare il prossimo tuo, non offenderlo, non
torturarlo, che amare l’Essere Perfettissimo, incorporeo e invisibile Signore
del Cielo e della terra, il lontanissimo
Dio dell’astrazione, perché Dio sta nel prossimo tuo, Dio è l’uomo”. Parole forti, inconsuete,
inquietanti, che dimostrano il profondo e naturale amore verso l’Umanità sofferente,
e sotto la scorza apparentemente
indifferente dell’ Autore
emerge un autentico sentimento cristiano.
Nel testo appaiono
anche personaggi perseguitati per la loro fama
letteraria non allineata ai canoni dell’epoca, che sfidarono la cultura
del loro tempo come il Boccaccio, condannato
all’“indice” per la sua commedia umana e soprattutto per aver raccontato “l’intelligenza delle donne, vere
protagoniste, femmine e madonne licenziose aristocratiche e popolari, padrone
della loro vita , non bambe non grulle sopportate dal Dio maschio. Nelle sue novelle vivono corpi di
uomini e di donne intelligenti, immerse nella vita, che non ama gli stolti”.
“Se la storia l’ avessero scritta le
Donne, come sarebbe stato diverso e non ci sarebbero state guerre folli per
uccidere i loro i figli.”
L’eroico
furore di Giordano Bruno prorompe nell’appello agli umani:
“viviamo immersi nella notte buia privata
di luna e di stelle,
non spegnete
le fiaccole, non lasciate vincere il buio della notte,
è fatica grande cercare umana verità, la verità non può essere donata da
altri, soltanto le pecore seguono passive il pastore”.
In tempi terribili e tristi, che fortunatamente appartengono al passato,
emergono le distorsioni della malintesa Fede Cristiana, che animava i frati inquisitori
nella violenta caccia ai presunti eretici “Cristus
vincit,Cristus regnat, Cristus imperat. Più eretici infedeli ammazzerete, più
si apriranno le porte del Paradiso.”
“Lenta e faticosa è la
conquista della verità, ognuno la deve cercare da solo.”
La lettura del libro di Zizola va fatta lentamente, con grande
attenzione, per poter cogliere i riferimenti teologici, storici, mitologici, letterari
che sono indispensabili alla comprensione del testo e per capire le varie interconnessioni
tra gli argomenti trattati nell’opera e i suoi risvolti culturali.
Nel libro sono descritti anche episodi di vita vissuta dall’autore, la
sua permanenza in ospedale per controlli al “cuore fiacco” e un
confronto vivace con il cappellano dell’ospedale. Un viaggio a Napoli e a Nola,
ove ebbe i natali Giordano Bruno, per documentarsi di persona e osservare dal
vivo le memorie ancora esistenti, l’ambiente fonte di ispirazione, dove il filosofo iniziò
i suoi studi giovanili, prima di peregrinare in tutte le più famose Università
dell’Europa rinascimentale, da dove innumerevoli volte venne cacciato.
Nel testo vi è anche un’invettiva dell’autore alla Repubblica
Serenissima di Venezia che, tradendo la millenaria tradizione di ospitalità agli esuli
perseguitati, consegnò, senza alcuna giustificazione, Giordano Bruno nelle mani
del tribunale dell’Inquisizione del Papato di Roma.
Appaiono nel testo affermazioni ampie e ardite, ma anche voci discordi
dei posteri, alcuni dei quali lo giudicano verboso, confuso, oscuro, come
vedesse ogni cosa avvolta nella tenebra utilizzando espressioni misteriose, delle
quali egli stesso non intendeva il senso, riconoscendogli tuttavia che, in
seguito, molti padri dei nuovi sistemi scientifici dovranno a lui le intuizioni
con le quali avranno successo.
Dell’autore compaiono domande inquietanti:
“Ai poveri appartiene il
regno dei Cieli. Perché non si
accontentano?
Perchè noi Cristiani tutti d’occidente fuggiamo la povertà?
Perché non credono alla promessa di Dio e non sorridono alla loro
sofferenza che apre le porte del Paradiso?
Se tutto si gioca in vita, trascorsa nel bene e nel male, è inutile
pregare per i morti, non esiste nessun riscatto tra la morte e la Resurrezione.”
L’Inquisizione viene rievocata nel nostro territorio anche per la caccia alle Streghe, puttane del
Diavolo, maledette, tutte da bruciare o lapidare. Perché questo odio verso la
donna “instrumentum diabuli”, se Dio stesso ha avuto bisogno di
una donna per nascere?
Emerge il giudizio dell’autore:
“Di Giordano Bruno hanno voluto
bruciare il pensiero, perché non si limitava come tutti a criticare i costumi
dissoluti dell’Immacolata Chiesa, ma investiva la Dottrina, sulla quale
tutto il castello loro si reggeva.”
Nel testo appaiono delle originali e inconsuete considerazioni dell’autore
sulla natura umana, in cui emerge il suo “leopardiano” pessimismo.
“La credulità fu sempre una qualità inseparabile dal volgo.”
“La fortuna non può rendere
nessuno migliore. Il Creato è luogo
di dolore e di morte, è continua mutazione, continuo tormento”
Sul Purgatorio: “grande ed economica
invenzione, nata nel dodicesimo secolo per rimpinguare le casse di Pietro.”
Numerosi personaggi storici vengono citati nel testo, Erasmo da
Rotterdam, Pietro l’Aretino, Ignazio da Loyola, Tomas de Torquemada, Ario,
Pietro da Morrone, Hus, Arnaldo da Brescia, Domenico Scandella detto Menocchio,
Paolo Sarpi, Galileo Galilei, Savonarola ed altri ancora.
Un’attenta e approfondita lettura di questo libro non lascerà
certamente indifferente il lettore esigente.