“Un brutto
affare…” l’appuntato Priami scuoteva la testa guardando il suo superiore.
Come dargli
torto? Il maresciallo Tosi sapeva che in quelle condizioni fare la professione
del Carabiniere diventava un macigno. Distolse lo sguardo dai fogli che stava
compilando e guardò la scena per cui stava lavorando: un incidente stradale
mortale sulla via provinciale.
“La moto non ha
colpe –diceva piangendo il camionista- La colpa è mia…solo mia… un colpo di
sonno!”
“Valuteremo con
gli accertamenti sanitari –rispose il maresciallo Tosi- Bisogna stabilire se,
per caso, ha bevuto un bicchierino di troppo…”
Il camionista
rimase sorpreso, guardò con sguardo attonito il militare per poi scoppiare a
piangere di nuovo.
Non doveva
essere stata una bella esperienza.
La dinamica era
semplice: la moto viaggiava tranquilla verso l’esterno della città mentre il
camion veniva dalla parte opposta. Ambedue avevano le luci accese, dopotutto
era mezzanotte.
Una calda notte
estiva che era diventata ancora più calda.
Il sangue per
terra era rimasto testimone dell’accaduto e forse sarebbe stato un monito per
il futuro prossimo: attenzione!
“Il camion ha
perso il controllo… ancora bisogna stabilire come mai è successo… e quei due
poveracci sono morti…speriamo che non abbiano sofferto!” l’appuntato
sicuramente pensava ai figli ormai grandi e ai pericoli che li circondavano.
“Tra poco avremo
il compito più duro…dirlo alle famiglie…” al maresciallo non era mai piaciuta
questa parte del servizio. Quando qualcuno perdeva la vita bisognava avvertire
i familiari.
Le persone
apparivano sorprese solo dalla sua presenza, poi ansiose e infine, quando
finalmente venivano messe davanti alla realtà, disperate.
Al maresciallo
non piaceva questo compito ma qualcuno doveva pur farlo.
“Abbiamo i
documenti di quei poveri ragazzi?”
“Diciassette
anni marescià –l’appuntato stava sicuramente pensando ai suoi figli- Forse
frequentavano la stessa scuola dei nostri figli…chissà…”
I militari
dell’altra pattuglia si avvicinarono al superiore:
“Tra poco viene
il carro attrezzi per la moto –avvertì uno dei due- la mettono nel deposito
dove rimarrà sotto sequestro… il camion deve aspettare un po’… ci vuole un
carro attrezzi più grosso…anche lui in magazzino!”
Il camionista si
avvicinò al quartetto dei militari in modo sconsolato scortato da due
paramedici.
“Possiamo andare
via? La richiesta di analisi ce l’abbiamo…poi le faremo sapere” l’uomo
coinvolto abbassò la testa imbarazzato. Il maresciallo lo scosse dolcemente per
le braccia:
“Stia tranquillo
signor Lorenzo Frati… sono solo atti dovuti. Io le credo che non abbia bevuto o
peggio che non sia drogato… poi dopo l’aspetto in caserma. Verrà raggiunto
all’Ospedale da una pattuglia.”
I tre si
congedarono e l’ambulanza se ne andò mestamente verso il pronto soccorso.
“I mezzi sono
sistemati –elencò il superiore ai suoi uomini che annuivano- i testimoni sono
stati sentiti…le misure sono state prese… dopo, appena avremo i risultati
dall’ospedale, concluderemo in ufficio… i corpi dei due ragazzi sono stati
rimossi dopo aver avvertito il magistrato… direi che abbiamo fatto tutto!”
“Marescià –disse
ironicamente l’appuntato Priami- manca il compito più brutto…”
Tosi deglutì
rumorosamente, guardò negli occhi il suo dipendente e gli fece un cenno:
“Dai, leviamoci
questo dente amaro…”
Salirono sulla
macchina di servizio e si diressero verso la casa della prima vittima:
“Giulia
Capulenti… via Verona n.14.”
Arrivarono
subito. La casa distava pochi chilometri dal punto del sinistro stradale.
Vista l’ora i
padroni di casa rimasero spaventati e sorpresi.
Il maresciallo,
una volta aperta la porta di casa e trovatosi davanti a quelle due persone che
ancora non si erano completamente svegliate, cominciò con una domanda classica:
“Siete i
genitori di Giulia?” da qualche parte doveva pur cominciare.
I due annuirono,
la madre si girò verso una porta chiusa e la indicò:
“È in camera…sta
dormendo. Strano che non si sia svegliata…”
I due militari
si guardarono imbarazzati.
“Signora…può
accertarsi che Giulia stia dormendo?” forse era meglio assicurarsi che quel
corpo martoriato fosse della figlia di quelle due persone svegliate nel cuore
della notte.
La madre si
allontanò titubante, bussò alla porta prima di entrare ma non ottenne risposta.
Guardò i tre uomini rimasti sull’ingresso e si decise ad aprire uscendo subito
dopo:
“Giulietta non
c’è!”
Probabilmente in
casa usavano questo diminutivo anche se ormai la ragazza non era più una
bambina.
“Quel maledetto
ragazzo le ha fatto perdere la testa –sbottò il padre di Giulia- e questi due
signori in casa nostra sono la prova…”
“Che vergogna
–si lamentò la madre- i Carabinieri in casa nostra…cosa ha combinato?”
“Mi state
dicendo che la ragazza è scappata di casa?” il maresciallo rimase sorpreso.
Il padrone di
casa si ricompose e fece accomodare i due. Il sottufficiale pensò fosse meglio
parlare da seduti anche perché prima o poi avrebbe dovuto dare la notizia.
“Giulietta è una
figlia modello –raccontò il padre- la sua vita era racchiusa nelle sue tre
principali attività: scuola, dove andava benissimo, ballo, andava ogni giorno
alla scuola di danza, e chiesa, faceva parte dell’azione cattolica…”
“Faceva?” Tosi
sottolineò il verbo passato usato dal signor Capulenti.
“Si…faceva…”
sospirò la madre di Giulia. Il padrone di casa fulminò con lo sguardo la moglie
per poi continuare il racconto:
“Noi la vedevamo
sempre chiusa in casa e abbiamo insistito a farla uscire…a frequentare i suoi
coetanei… e arrivò quel giorno della festa in maschera!”
“Festa in
maschera?” il maresciallo si sentiva un po’ in colpa per non aver detto
immediatamente cosa fosse accaduto ma era diventato curioso come la sua
professione consigliava di esserlo.
“La festa in
maschera dove ha conosciuto quel meridionale…quel Romy…”
“Romy Montecci…”
fece eco l’appuntato ricordando l’altro coinvolto nell’incidente.
“Lo conoscete?
–esclamò il signor Capulenti- Non mi sorprende…lo sapevo che quello era un
delinquente!”
“Lo conosciamo
perché sua figlia e questo ragazzo hanno avuto un incidente stasera!”
l’appuntato aveva parlato senza rendersi conto di aver detto loro il motivo
della visita.
La donna
sprofondò sul divano con lo sguardo assente e, appena incrociò gli occhi del
maresciallo, capì che la figlia non c’era più.
“Mi spiace…”
aggiunse Tosi. Spiegò loro cosa avrebbero potuto fare e la dinamica
dell’incidente. Fece le condoglianze e guadagnò l’uscita a tempo di record.
Appena fuori respirò profondamente: non gli piaceva proprio dare queste
notizie.
“Ehi marescià
–Priami sembrava quello a cui la storia non faceva effetto- andiamo dai
genitori del ragazzo deceduto? Piazza William Shakespeare nr.3…”
“Andiamo…” il maresciallo rimase pensieroso.
A casa del
ragazzo capirono subito che fosse successo qualcosa.
La madre si
strinse in un abbraccio doloroso con il proprio marito appena i militari
dettero loro la brutta notizia. Cercarono di concentrarsi sulle parole del
maresciallo che spiegava loro la dinamica dell’incidente e chi ne era
coinvolto.
“L’amava
veramente…” mormorò il padre del ragazzo guardando la moglie. Si fece forza
nella sua disperazione e spiegò ai militari:
“Romy era un
ragazzo dolce e molto sensibile. Rifiutava di essere un bullo come molti dei
suoi amici… ma cercava di cambiarli. Ma una volta ha fatto a pugni…a scuola….
Con un ragazzo di nome… come era il suo nome amore?”
“Baldo… nome
curioso e difficile da dimenticare…” rispose la donna.
“Somiglia a
Tebaldo, il cugino di Giulietta….” Sussurrò l’appuntato sentito solo dal suo
superiore.
Il signor
Montecci continuò il racconto:
“Aveva
conosciuto Giulia ad una festa… scherzavano sempre sul fatto che i loro nomi
somigliavano a quelli di Romeo e Giulietta… e anche i cognomi…strano caso,
vero? Ma il padre di lei non voleva questa unione, diceva che Romy non era un
bravo ragazzo…che la stava rovinando… Ho sbagliato anch’io a dargli ragione
visto che cercavo di convincere mio figlio a lasciare quella ragazza…”
“E così sono
scappati…” aggiunse il maresciallo. Si stava delineando la storia dei due
ragazzi.
“Colpa nostra
–aggiunse la madre- Noi siamo siciliani e, da giovani, abbiamo fatto la
fuitina…sa cos’è maresciallo?”
Il militare
sorrise e recitò come leggesse:
“La fuga di una
coppia di giovani aspiranti coniugi dai rispettivi nuclei familiari di appartenenza,
allo scopo di porre le famiglie di fronte al "fatto compiuto" e inducendole
a concedere il consenso per le nozze dei fuggitivi…sono meridionale anch’io…”
“Probabilmente
volevano farla anche loro visto che ambedue le famiglie erano contro la loro
unione…” le parole del padre echeggiarono amare e piene di pentimento.
“Mi spiace
–replicò il maresciallo Tosi dandogli una pacca sulla spalla- Ormai è inutile
ripensare a ciò che avete fatto…il fato ha deciso per loro…”
Mentre tornavano
verso la caserma per finire la compilazione degli atti il maresciallo guardò il
suo autista:
“Poveri ragazzi
–commentò- hanno avuto dei nomi simili a quelli dei due protagonisti del dramma
di Shakespeare… forse avrebbero dovuto immaginare che sarebbe finita con la
loro morte…”
“Troppe
somiglianze –disse ironicamente Priami- non mi meraviglierei che il miglior
amico di Romy si chiamasse Mercuzio…anche se sarebbe strano chiamare uno così…”
Il maresciallo
ricambiò il sorriso. Dopotutto sapeva che loro combattevano il dispiacere della
morte, con cui avevano a che fare spesso, con l’ironia. Pensò a quei due
ragazzi, al destino infame che li aveva raggiunti. Pensò alla loro felicità che
speravano avrebbe preso il posto dei problemi che cercavano di lasciare dietro
la strada che percorrevano.
Giulietta e
Romeo erano morti.
Loro avrebbero
potuto rimanere insieme per l’eternità.
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