lunedì 3 settembre 2012

«Giulietta review» il racconto di Roberta De Tomi per il concorso "Indagine su Giulietta"


“E lei vorrebbe davvero fare questi cambiamenti?”
L’accademico alzò gli occhi dai fogli, l’espressione e i capelli scarmigliati.
La ragazza, la chioma bruna lisciata dalla piastra, gli occhi ardenti valorizzati dalla matita nera, un enorme crocifisso al collo, non si lasciò intimorire.
“Certamente. Ah, dimenticavo! Manca una scena. Dovrebbe scriverla lei.”
“Va bene, va bene, signorina.” l’uomo cambiò argomento “Torniamo ai suoi interventi. Il punto è questo: toglierebbero la verosimiglianza al testo”.
“Direi piuttosto che lo renderebbero attuale, non inverosimile. E poi mi aiuterebbero a…” fece inversione di marcia, alla vista di una nascente curiosità. “Niente, volevo dire, è un allenamento per la mia penna.”
L’uomo inforcò gli occhiali e rilesse alcune righe, quindi scosse la testa.
“No, no, proprio non va. La sua scrittura è brillante e non priva di spessore, ma non possiamo stravolgere il testo in questo modo.”
L’aspirante scrittrice sbuffò, ma si riprese subito. Aveva a che fare con un osso duro. Si diceva che  il professore discendesse dal Grande Bardo di Stratford-on-Avon, ma l’uomo aveva smentito, ricorrendo all’araldica. Guglielmo Sospiri era un veronese verace, che non si perdeva uno spettacolo all’arena e che l’opera la masticava come un muffin delizioso. Ma questo non fece arretrare la ragazza, rispetto alle sue intenzioni.
“Professore, solo un paio di considerazioni.”
Attese il cenno di assenso, che arrivò senza indugi.
“In questi anni sono in voga le storie in stile Cenerentola, che con una scarpetta, trova l’amore. Addirittura, c’è quel film in cui una volgare prostituta sposa il gentiluomo di cui è innamorata. Ora, perché le brave ragazze non possono toccare il paradiso e alle cattive ragazze tutto è concesso?”
Il professore rimase a bocca aperta.
“Ma signorina, non la butti sul moralismo! La questione è un’altra: l’amore impossibile è la ragion d’essere di questa tragedia, che lei ha trasformato in una commedia scontata! Senza contare che verrebbe persa la componente edificante: la morte come redenzione e riconciliazione.” fece una pausa “Non mi fraintenda. Il contesto contemporaneo è reso ottimamente e ci sono battute salaci argute e molto apprezzabili, ma a volte si rischia di cadere nel ridicolo. E il lieto fine non ci sta! Anzi, diciamocela tutta, a William non piacerebbe affatto!”
La ragazza s’imbronciò, ma riacquistò la consueta verve in un attimo.
“Però il risveglio lontano dall’amico coltello ci sta, vero?”
L’uomo sospirò.
“Ci allontaniamo troppo dallo spirito della vicenda. La Giulietta che mi descrive è molto indipendente. È una donna dei giorni nostri, che indossa jeans ed è al centro di intrighi, perché figlia di politici. Proprio in ragione della sua indipendenza, compie scelte precise. Farsi abbracciare dalla morte, rappresenta per lei la massima espressione d’amore e di libertà.”
Una sfumatura malinconica spense lo sguardo di fiamma dell’interlocutrice.
“Professore, è vero, l’amore non è una dipendenza, anzi è una delle massime espressioni di libertà. Ma anche la libertà può essere una delle massime espressioni d’amore verso se stessi e chi ci circonda.”
L’altro tacque, poi agitò la mano in maniera istrionica.
“Sa signorina, non ci avevo mai pensato”.
“A cosa?”
“Lei si chiama Giulia Caputi. Non è poi così lontano da Giulietta Capuleti.”
L’accademico pensò che sfoderare un po’ di ironia avrebbe consentito alla ragazza di smaltire la delusione legata alla bocciatura. Ma quando notò il pallore sul viso di marmo, si preoccupò. E quando vide la studentessa trarre fuori dalla borsa una fialetta, di cui tracannò il contenuto, scattò in piedi, allarmato.
La ragazza crollò a terra. Terrorizzato dall’assenza di battito, e dimenticando ogni riguardo, Sospiri rovistò nella borsa griffata, in cerca di documenti. Finalmente ebbe tra le mani la carta di identità.
Giulietta Capuleti, nata il 31 luglio. Residenza: Verona. Data: 1990. Ventidue anni.
Il professore si passò una mano tra i capelli. Era incredulo. Si convinse che si trattava di una burla architettata da qualcuno dei suoi allievi-attori. Una conferma apparente la ebbe con l’ingresso di un frate, cui aprì dopo alcuni tocchi alla porta. Si presentò come Fra’ Lorenzo. La faccia grassoccia gli rammentò quella di una matricola che alle sue lezioni sedeva sempre in prima fila.
Il chierico parlò, negli occhi acquosi una devozione sincera.
“Lei è il professor Sospiri?”
“Nessuna parentela con il Bardo” precisò l’altro, imbarazzato.
“No, non è per quello.” disse il ragazzotto “Ma per Giulietta. Ha bisogno di scrivere la sua versione. Vuole essere protagonista della sua storia e della sua vita, prima che si troppo tardi!”
Sospiri era allibito, ma anche impotente di fronte a una richiesta che avrebbe avuto ripercussioni  sulla Storia dell’umanità.
Dubbio amletico: perché tocca a me? E poi Sospiri non ha nulla  a che vedere con il cognome del poeta!
Il frate si accostò alla scrivania. Prese i fogli, zeppi di cancellature, e si tuffò nella lettura, mentre Giulietta giaceva a terra, come aveva spiegato il frate, in attesa dell’arrivo di Romeo.
In seguito i due uomini rimasero a confrontarsi, cercando di difendere le proprie posizioni, mentre l’attesa si prolungava come un’ombra minacciosa. Il chierico gli assicurò che il cambiamento nasceva dal presente.
“La versione originale resterà sempre, testimonianza di una voce immortale.”
L’accademico cercò un punto di riferimento nell’intrico di eventi che lo stavano travolgendo.
La timida, ma risoluta studentessa che gli si era presentata cinque mesi prima con l’intenzione di riscrivere la tragedia, era stata mossa da una volontà consapevole. E non era un caso se nella versione della ragazza, la scena della morte apparente si svolgeva nello studio arredato con modestia e straripante di volumi e scartoffie “dell’Autorevole Accademico veronese”.
L’Autorevole Accademico era lui, e la versione di Giulietta era strutturata secondo un sistema a scatole cinesi, in cui lui avrebbe dovuto inserire l’ultima, prima che arrivasse Romeo. Tutto era nelle mani di un nuovo Bardo, che, per ragioni che sfuggivano alla logica, con i suoi interventi avrebbe mutato gli eventi a vantaggio della Giulietta moderna.
Frastornato, ma ispirato, scrisse, rapido, togliendo le cancellature da quelle parti di testo per cui aveva storto il naso, correggendo qualche refuso e cancellando i commenti che aveva inserito.
Alla fine, sotto lo sguardo trepidante di Fra’ Lorenzo, rilesse il tutto, approvato dal chierico.
“Lei salverà la vita di molte persone. Dio sia lodato.” dal sorriso passò al dubbio “Ma, professore, è sicuro che non manchi qualcosa?”
“Cosa?” chiese Sospiri con il cuore a mille.
“L’ultima scena!”
“Ma la versione della signorina non termina con la benedizione delle nozze, che fa presagire il risveglio dei due innamorati?”
Il professore sfogliò più volte il dattiloscritto, poi, ruotando il volto madido di sudore, notò un foglio, per terra, a pochi centimetri dalla sedia. Si chinò, raccolse e volse la pagina, che sventolò.
“Ultimamente sono davvero sbadato!”
Il frate abbozzò un sorriso colmo di aspettative.
“Per cortesia, lo legga ad alta voce!”
L’Autorevole Accademico si schiarì la voce.

Scena Quarta

(Giulietta si sveglia lentamente nello studio dell’Autorevole Accademico, che ha appena terminato il lavoro. Si avvicina a Romeo e gli posa un bacio sulla guancia.)
Giulietta –  Il mio amore si è riaddormentato. (Avvicina le labbra all’orecchio.) Romeo, la tua Giulietta arde per te, ti svegli?
Romeo – Mmhhh?
Giulietta – Dai Romeo!
Romeo – Mmmhhh? (Alza la testa.) Giuly, lasciami dormire! Tutti quei duelli mi hanno distrutto.
Giulietta – (Si alza in piedi e pesta un piede, indispettita) E no eh? Adesso non prendere cattive abitudini!
Romeo – (Si volta sul fianco.) Eddai Giuly, dieci minuti! E poi ricordati che devi allestire il banchetto.
Giulietta – (Si stacca bruscamente e si dirige verso l’ingresso dello studio, inviperita.)  Eh no, Romeo, amante e moglie sì, ma sguattera no!Anche io ho un lavoro! (Fa per uscire.)
Romeo – (Si alza di scatto.) No Giulietta! Dai, il banchetto sarà un mio affare, mentre tu ti dedicherai alla scrittura. Ti prego, non andare! (Si precipita fuori.) 

Il professore alzò gli occhi, trattenendo una sonora risata. Dall’uscio aperto, entrò un giovane, trafelato. Nelle mani stringeva un pugnale insanguinato, mentre urla e passi sempre più vicini rimbombavano nei corridoi dell’edificio.
Romeo si guardò intorno, avanzando verso la sua amata, mascherata dalla morte. Disperato, estrasse dalla tasca la fialetta solo a parole letale, e la bevve, certo che il destino del suo amore fosse segnato in maniera tragica. Quanto si sbagliava!

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