lunedì 3 settembre 2012

«La neve si è sciolta sotto i raggi della luna» il racconto di Felicita Leone per il concorso "Indagine su Giulietta"

Crescere in una famiglia matriarcale non è meno difficile che vivere in una patriarcale. Io lo so bene
essendo stata allevata da una madre sola e avendo vissuto la mia vita con due sorelle più piccole.
Mia madre alla mia età era bellissima e aveva tanti sogni per il suo futuro, era un’attrice, o almeno
questo è ciò che dice lei. La sua promettente carriera si è interrotta quando è rimasta incinta di me,
soprattutto perché mio padre l’ha abbandonata prima che io nascessi, è per questo motivo che io
porto il cognome di mia madre. Di mio padre non so praticamente nulla, sono riuscita solo a trovare
una sua foto in cantina che tengo nascosta nel mio diario. Le mie sorelle, nate da una successiva
relazione di mia madre, sono belle come lei, una di loro ha la massima aspirazione di partecipare a
un reality show, l’altra, iscritta a un club di golf, spera di accalappiare un tardone rimbambito e con
un piede nella tomba per poterne ereditare i beni. E io? Io sono la pecora nera  della famiglia, la
ribelle, almeno per i loro standard. Mi piace studiare, voglio diventare un’insegnante e non amo
mettermi al centro dell’ attenzione. Non sono alla ricerca di marito, ma mia madre ha preparato per
me una sontuosa dote, sperando che qualcuno possa essere invogliato a sposarmi, altrimenti,
secondo lei, io non avrei speranze. Mentalità del 1600? Oh no, dato di fatto nel 2011. Lotte,
battaglie, conferenze e disquisizioni non sono servite a liberare le donne dalle catene del pregiudizio
e della tradizione e il peggio è che spesso sono le donne stesse a comportarsi da oggetti e a portare
avanti costumi appartenenti ormai a quelle società che noi chiamiamo arcaiche, ma che in realtà
sono presenti ancora oggi nella nostra società avanzata e super tecnologia. L’evoluzione e il
cambiamento, a quanto pare, sono solo un’illusione. Io non voglio omologarmi a questo sistema ed
è per questo che sono considerata una ribelle ed è per questo che il mio amore per un ragazzo bello
e ricco, emblema della società contemporanea, è stato per me fin dall’inizio uno strazio e un’agonia.
Non avrei mai dato questa soddisfazione a mia madre perciò ho tenuto questo mio amore segreto e
nascosto e riesco a confidarlo solo alla pallida, argentea e “incostante” luna, la quale mi guarda con
pena attendendo la fine della mia tragica storia. Quando l’ho conosciuto eravamo a lezione, lui ha
raccolto la penna che mi era caduta e a fine lezione si è presentato. Nell’esatto momento in cui ho
visto il suo viso e il suo splendente sorriso color avorio ho avvertito un brivido e un sussulto al
cuore, non lo so perché, non me lo so spiegare, sarà stata una questione di chimica o semplicemente
il suo sorriso e la sua gentilezza  sono riusciti ad addolcire la mia essenza fredda, cinica e razionale.
Quella stessa sera sono andata  a fare una passeggiata sulla spiaggia con il freddo, il vento e il mare
mosso, sdraiata sulla sabbia umida, fra terra e cielo, Gaia e Urano stellato mi sembrava di essere in
simbiosi con il cosmo, unica e sola in tutto l’universo, un connubio perfetto.
:” Anche tu qui?” Ho avuto un sussulto e sono balzata in piedi con il cuore in gola. Era lui.


:” Non volevo spaventarti.”
:” No, non preoccuparti, è che credevo di essere sola. Con questo freddo, le persone che decidono di
fare una passeggiata sulla spiaggia sono veramente poche. A quanto pare mi sbagliavo.”
:” Io adoro il mare d’inverno, posso sedermi vicino a te?”
:” Si certo.” Si è seduto accanto e me e il connubio, in quel momento, era veramente perfetto.
Abbiamo cominciato a parlare di tutto, come se ci conoscessimo da sempre, lui mi ha parlato del
suo trasferimento, della sua passione per i viaggi e per il calcio, mentre io gli ho parlato della mia
passione per la poesia, per la scrittura e della mia poca tolleranza nei confronti di Anastasia e
Genoveffa.
:” Anastasia e Genoveffa? Ti senti come Cenerentola?”
:” Oh no, le sorellastre di Cenerentola erano gelose della sua bellezza, ma con me, loro non
avvertono il pericolo, il principe non potrebbe preferire me a loro!”.
:” Questo dovresti farlo decidere all’eventuale principe!”. Sul mio viso è spuntato un sorriso
spontaneo e improvviso, cosa che accade assai di rado.
:” Comunque per loro io sono inesistente quindi …”. Mi ha guardata e mi ha fatto una carezza sul
viso e poi ha passato la sua mano tra i miei capelli e io sono rimasta immobile.
:” Non per tutti sei invisibile”. Quelle parole sono rimbombate dentro di me come un eco e
nonostante il freddo ho provato un calore intenso come mai avevo provato nella mia vita. Ho sorriso
e ho fermato la mano che lui aveva posato sul mio viso e l’ho stretta. Palmo contro palmo, il tempo
sembrava essersi fermato, eravamo sospesi nell’universo, leggeri come due bolle di sapone.
Dal quel giorno in poi niente è più stato come prima, per me è cambiato tutto, io stessa sono
cambiata e ogni giorno di più non facevo che meravigliarmi del mio così celere abbandono
all’amore, ma sentivo che era una cosa inevitabile, come se ciò che mi spingesse verso di lui fosse
qualcosa di inconsapevole quanto irrefrenabile, non potevo farne a meno, non potevo e non volevo
rinunciarvi.
Tutte le mattine ci incontravamo  lezione, ci scambiavamo sguardi e sorrisi, e la sera senza bisogno
di accordarci ci incontravamo sulla spiaggia dove sdraiati a guardare il cielo parlavamo, ridevamo e
facevamo progetti. Tutto andava avanti in maniera spontanea senza il bisogno di  dirci in maniera
esplicita quello che era già fin troppo evidente, finchè una sera …
:” Vuoi sapere la verità?”.
:” Quale verità?”. risposi un po’ perplessa.
:”Sono innamorato di te da più di un anno, ti seguo dovunque tu vada, ma tu non ti sei mai accorta
di me, per farmi notare ho dovuto cominciare a seguire le lezioni da te frequentate, io, invece dovrei
seguire quelle che tu hai già frequentato circa due anni fa. Ti ho vista per la prima volta in


biblioteca, eri china sui libri e quando ti ho vista, davanti agli occhi mi è passata la mia intera vita
come in fotogrammi, come se tu avessi da sempre fatto parte di me e ho avuto l’impressione che tu
fossi la parte di me che mi mancava e che ero riuscito a trovare. Ti voglio far conoscere la mia
famiglia, questo fine  settimana sono in montagna. Dimmi di si”.
:” Si”. La mia risposta fu così spontanea da lasciare allibita anche me. Lo abbracciai più forte che
potevo e l’entusiasmo si mescolava alla perplessità derivante dal non riuscire a comprendere come
io, che nella vita avevo agito sempre con cautela e che avevo fatto da sempre attenzione a
controllare i miei sentimenti, ero riuscita  in maniera così celere a lasciarmi andare, ad
abbandonarmi a questo amore . Fra le sue braccia, però, sentivo che piano piano quelle perplessità
si stavano allontanando da me, con lui sentivo di essermi finalmente liberata di anni che pesavano
su di me come un macigno. Con lui potevo essere la vera me, potevo dire addio al pregiudizio e alle
sofferenze causate dall’abbandono di mio padre, dalle finte cura della mia madre matrigna e dalle
parole taglienti come rasoi, penetranti più di mille pugnali, pungenti e letali come frecce scoccate da
un arco teso e preciso. Un dolce modo prima di morire dentro, una punta di zucchero nel caffè
amaro e avvelenato, il dono prima di andare al patibolo, il desiderio prima di essere giustiziata,
l’ultimo sorriso prima della lenta agonia. Arrivato il fine settimana partimmo per la montagna, un
viaggi lungo, ma felice. Una volta arrivati abbiamo atteso che qualcuno della famiglia venisse a
prenderci. Faceva freddo e tutto intorno era bianco, tutto era cosparso di neve. C’era tanta gente,
persone che arrivavano, altre che attendevano. In lontananza mi pareva di scorgere un persone che
mi era familiare. Più si avvicinava e più la mia mente cercava di elaborare i tratti a me noti di quella
figura. Era l’uomo della foto, quella che nascondevo nel mio diario. Mi sono rivolta verso l’uomo
della foto e lo ha fatto anche l’amore della mia vita e entrambi …
:” Papà !” abbiamo esclamato.
In quello stesso istante “ il sangue è cominciato a scorrere sonnolente e freddo nelle mie vene, il
polso arrestò il suo battito. Le rose delle labbra e del viso appassirono nel pallido colore della
cenere. Su gli occhi le palpebre scesero come quando la morte cala giù sul giorno della vita. Le
membra private del movimento, dure, rigide e fredde avevano l’aspetto della morte.” (W.
Shakespeare, Romeo e Giulietta, Atto IV.)
Caddi per terra svenuta, su quel manto di neve, gelida come il manto su cui ero posata, sotto i raggi
della luna. Mio padre, nostro padre e lui, il mio grande amore era ed è mio fratello.

  

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