Il burka lasciava intravedere solo
gli occhi della donna, scuri e profondi. Il resto della sua figura, infagottato
in strati di stoffa scura, non si riusciva neppure ad immaginare. Portava uno
zaino sulle spalle e da quello si poteva supporre che fosse una studentessa che
andava a scuola.
Erano appena le 7.30 quando
attraversò l'atrio dell'Istituto Vinci dirigendosi verso i bagni. Ne uscì dieci
minuti dopo completamente trasformata. Si era tolta il burka e indossava dei
jeans e una t-shirt come tutte le sue coetanee. Si mescolò alla folla di
studenti e si diresse verso la 3A.
-Ciao Rim– la salutò la sua
compagna di banco –lo sai che domani è il compleanno di Sara e che ha
organizzato una festa a casa sua? Ha invitato tutta la classe-
Rim la guardò in silenzio ben
sapendo che lei a quella festa non ci sarebbe potuta andare
-Hai sentito quello che ti ho detto
Rim? Una festa.. Domani pomeriggio-
-Io non posso venire-
-Perché no?-
-Devo badare alle mie sorelle-
mentì
Elena non poteva capire. Lei non era
musulmana. Lei non era già stata promessa in sposa ad un cugino che nemmeno
conosceva. Lei era libera di vivere con spensieratezza i suoi sedici anni.
-E dai! É solo un pomeriggio! Non
puoi chiedere a tua mamma di lasciarti libera almeno un pomeriggio?-
-Ci proverò– rispose sapendo che ci
sarebbe voluto un miracolo. Per tutto il pomeriggio si arrovellò in cerca di
una scusa che le permettesse di andare alla festa. Alternava momenti di euforia
in cui le sembrava di aver trovato una soluzione ad altri di profonda
frustrazione in cui era sicura che suo padre non ci sarebbe cascato. Poi verso
sera arrivò un inatteso colpo di fortuna. Zia Amina telefonò.
Rim sentì suo padre parlare in
arabo. Quando la telefonata terminò lui la guardò e le disse – tua zia ha bisogno
di té per sistemare il giardino. Ti aspetta domani pomeriggio dopo la scuola-
–Sì padre– rispose abbassando
umilmente lo sguardo in segno di sottomissione.
Sua zia abitava in una vecchia
villetta a schiera vicino all'ospedale. Per arrivarci Rim dovette cambiare tre
autobus. Non era la prima volta che andava a trovarla. Da quando era rimasta
vedova zia Amina viveva sola e ogni tanto la invitava con qualche scusa per
trascorrere un po' di tempo con lei. Anche quella del giardino doveva essere
una scusa, constatò Rim osservando che le aiuole della zia erano ben curate e
che nel prato non cresceva una sola erbaccia.
Suonò il campanello.
–Rim! Nipote mia!- la accolse sua
zia abbracciandola –sono settimane che non ci vediamo. Da quando ti ha trovato
un marito, tuo padre trova mille scuse per impedirti di venire a trovarmi-
Rim sospettava che suo padre non
volesse mandarla dalla sorella perché temeva la influenzasse negativamente. Da
quando era rimasta sola zia Amina si era per così dire
"occidentalizzata" e la cosa non era piaciuta alla sua famiglia.
L'unico con cui manteneva ancora qualche rapporto era suo fratello Mohammed, il
padre di Rim.
-Allora piccola che mi racconti?-
Rim decise di dirle immediatamente
della festa e con sua grande gioia la zia non ebbe nulla in contrario a farla
andare –peccato!- le disse mentre l'accompagnava alla porta –avevo sperato di trascorrere il
pomeriggio con te ma sarà per un'altra volta... dopotutto il mio giardino è
grande e non puoi mica sistemarlo tutto in un solo pomeriggio...vero? Chiederò
a tuo padre di mandarti qui anche la settimana prossima così mi racconterai
come è andata la festa-
-Grazie zia, sei fantastica!- le
disse Rim abbracciandola.
Quando arrivò a casa di Sara la
festa era già iniziata da un po'. Nel vederla Elena le corse incontro
sorridendo –Rim! Ce l'hai fatta a venire. Sono contenta! Ci sono tutti e c'è
anche qualche ragazzo di quinta laggiù, vedi?-
A Rim i ragazzi non interessavano.
Voleva solo divertirsi ballando e trascorrendo il pomeriggio come una qualsiasi
adolescente della sua età. Si buttò in pista e ad occhi chiusi si lasciò
trasportare dal ritmo della musica svuotando la mente da ogni pensiero. Si
sentiva libera e felice.
Ad un tratto il ritmo cambiò e la
musica divenne lenta. Rim aprì gli occhi e si trovò davanti un ragazzo che la
osservava sorridendo. Sussultò.
-Scusa, non volevo spaventarti– le
disse lo sconosciuto –ma eri talmente bella così concentrata nel ballo che non
volevo interromperti-
Rim si guardò attorno imbarazzata
in cerca di un viso familiare. Tutte le sue compagne però stavano ballando.
-Balli?- le chiese lo sconosciuto.
-Non ti conosco– rispose Rim sulla
difensiva, maledicendo se stessa per quella frase.
-A questo possiamo rimediare. Mi
chiamo Alex e sono il fratello di Sara-
-Io sono Rim– rispose impacciata.
-Allora Rim mi concedi questo
ballo?- le chiese abbozzando un inchino.
Lei esitò ma lui non si diede per
vinto e con gesto deciso le prese una mano e la condusse al centro della pista
in modo che non potesse fuggire via. Poi l'abbracciò e iniziarono a ballare
lasciandosi cullare dal ritmo lento della musica. Rim non era mai stata così
vicina ad un ragazzo. Poteva sentirne il profumo e avvertiva il calore del suo
corpo attraverso la sottile stoffa delle loro t-shirt. Si abbandonò tra le sue
braccia lasciando che lui la stringesse sempre di più. Sentiva la sua mano
sulla schiena e per un attimo desiderò che il tempo si fermasse in
quell'istante. A fermarsi fu invece la musica. Sara annunciò che in giardino
c'era da bere e da mangiare e tutti si riversarono fuori lasciandoli soli.
-Hai fame?- le domandò senza
sciogliersi dall'abbraccio.
Rim fece segno di no con la testa.
Sapeva di trovarsi in una posizione sconveniente per una ragazza musulmana ma
non le importava.
-Sete?-
Rim scosse il capo per la seconda
volta.
-Io invece sì– le disse Alex
fissandola negli occhi –ho sete di te– e con un movimento estremamente lento si
chinò su di lei e le baciò prima gli occhi, poi il naso, infine le labbra.
Fu un bacio lento e delicato che a
Rim fece venire i brividi lungo la schiena. Quando alla fine Alex si staccò da
lei, Rim rimase ferma con gli occhi chiusi e le labbra protese in attesa che
lui ricominciasse. Il bacio tanto atteso anziché sulle labbra si posò sulla
punta del suo naso e la costrinse ad aprire gli occhi. Lui la guardava e le
sorrideva –usciamo a mangiare qualcosa?-
Rim avrebbe tanto desiderato
restare un altro po' ma era tardi e doveva tornare a casa prima che suo padre
iniziasse a sospettare qualcosa -ti ringrazio ma ora devo andare, ho promesso a
mia madre che l'avrei accompagnata in centro – mentì.
-Ci vediamo domani pomeriggio?-
-Domani devo studiare-
-Allora verrò a prenderti
all'uscita di scuola e ti accompagnerò a casa-
Nei mesi seguenti Rim con la
complicità di zia Amina riuscì a frequentare Alex, anche se non con la
continuità che il ragazzo avrebbe voluto. Inventava bugie su bugie a casa e con
Alex. Gli aveva fatto credere di essere una ragazza come le altre. Lui neppure
immaginava tutto quello che doveva architettare per riuscire ad incontrarlo.
Rim temeva che se l'avesse saputo, non avrebbe più voluto vederla. Una storia
con una musulmana poteva essere troppo complicata per un ragazzo occidentale.
Ogni giorno Alex la riaccompagnava a casa in macchina dopo la scuola e Rim
sfruttava il tempo guadagnato abbandonandosi a tenere effusioni nel parcheggio
distante una cinquantina di metri da casa sua. Aveva fatto credere ad Alex che
viveva nel palazzo di fronte dove, dopo averlo salutato, entrava per rifugiarsi
nel sottoscala ed indossare il suo burka prima di rincasare.
Un giorno verso la metà di maggio
Alex le disse che doveva partire per lavoro. Sarebbe stato via un mese.
Prevedeva di tornare verso la fine della scuola. Gli occhi di Rim si riempirono
di lacrime
-Ehi che c'è? Dopotutto è solo un
mese...-
-Niente, è che già mi manchi-
Quel giorno Rim rientrò a casa con
un brutto presentimento. Seduti in salotto ad aspettarla trovò i suoi genitori
insieme ad uno sconosciuto.
–Rim! Vieni!- le ordinò suo padre
appena entrò -Ti presento Moustafa, il tuo futuro sposo– le disse indicando
l'uomo accanto a sè –starà da noi fino alla fine della scuola, poi andrai con
lui in Marocco per sposarti-
Sconvolta Rim rimase in silenzio
finché non le fu possibile rifugiarsi in camera sua.
Pianse per il resto del giorno e
per tutta la notte. Non vedeva via d'uscita. Si sentiva in trappola. Avrebbe
voluto parlarne con Alex ma lui
era partito. Nei giorni seguenti si comportò come se nulla fosse. Aveva deciso
che piuttosto che sposare quell'uomo si sarebbe uccisa ma non ce ne sarebbe
stato bisogno perché presto sarebbe fuggita con Alex.
L'ultimo giorno di scuola suo padre
venne a prenderla insieme a Moustafa e a sua madre.
-Che succede?-
-É ora di partire. Vi accompagno
all'aeroporto-
-Adesso?-
Non ci fu risposta. Tre ore dopo
Rim guardava le case che si rimpicciolivano sotto di lei e insieme a loro sentì
fuggir via anche ogni speranza di essere felice. Mormorò una sola
parola”InshaAllah” prima di rassegnarsi al suo destino con la consapevolezza che
il ricordo del suo amore avrebbe alimentato ogni istante che le rimaneva da
vivere.
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