martedì 4 settembre 2012

«InshAllah» il racconto di Manuela Corsino per il concorso "Indagine su Giulietta"



Il burka lasciava intravedere solo gli occhi della donna, scuri e profondi. Il resto della sua figura, infagottato in strati di stoffa scura, non si riusciva neppure ad immaginare. Portava uno zaino sulle spalle e da quello si poteva supporre che fosse una studentessa che andava a scuola.
Erano appena le 7.30 quando attraversò l'atrio dell'Istituto Vinci dirigendosi verso i bagni. Ne uscì dieci minuti dopo completamente trasformata. Si era tolta il burka e indossava dei jeans e una t-shirt come tutte le sue coetanee. Si mescolò alla folla di studenti e si diresse verso la 3A.
-Ciao Rim– la salutò la sua compagna di banco –lo sai che domani è il compleanno di Sara e che ha organizzato una festa a casa sua? Ha invitato tutta la classe-
Rim la guardò in silenzio ben sapendo che lei a quella festa non ci sarebbe potuta andare
-Hai sentito quello che ti ho detto Rim? Una festa.. Domani pomeriggio-
-Io non posso venire-
-Perché no?-
-Devo badare alle mie sorelle- mentì
Elena non poteva capire. Lei non era musulmana. Lei non era già stata promessa in sposa ad un cugino che nemmeno conosceva. Lei era libera di vivere con spensieratezza i suoi sedici anni.
-E dai! É solo un pomeriggio! Non puoi chiedere a tua mamma di lasciarti libera almeno un pomeriggio?-
-Ci proverò– rispose sapendo che ci sarebbe voluto un miracolo. Per tutto il pomeriggio si arrovellò in cerca di una scusa che le permettesse di andare alla festa. Alternava momenti di euforia in cui le sembrava di aver trovato una soluzione ad altri di profonda frustrazione in cui era sicura che suo padre non ci sarebbe cascato. Poi verso sera arrivò un inatteso colpo di fortuna. Zia Amina telefonò.
Rim sentì suo padre parlare in arabo. Quando la telefonata terminò lui la guardò e le disse – tua zia ha bisogno di té per sistemare il giardino. Ti aspetta domani pomeriggio dopo la scuola-
–Sì padre– rispose abbassando umilmente lo sguardo in segno di sottomissione.

Sua zia abitava in una vecchia villetta a schiera vicino all'ospedale. Per arrivarci Rim dovette cambiare tre autobus. Non era la prima volta che andava a trovarla. Da quando era rimasta vedova zia Amina viveva sola e ogni tanto la invitava con qualche scusa per trascorrere un po' di tempo con lei. Anche quella del giardino doveva essere una scusa, constatò Rim osservando che le aiuole della zia erano ben curate e che nel prato non cresceva una sola erbaccia.
Suonò il campanello.
–Rim! Nipote mia!- la accolse sua zia abbracciandola –sono settimane che non ci vediamo. Da quando ti ha trovato un marito, tuo padre trova mille scuse per impedirti di venire a trovarmi-
Rim sospettava che suo padre non volesse mandarla dalla sorella perché temeva la influenzasse negativamente. Da quando era rimasta sola zia Amina si era per così dire "occidentalizzata" e la cosa non era piaciuta alla sua famiglia. L'unico con cui manteneva ancora qualche rapporto era suo fratello Mohammed, il padre di Rim.
-Allora piccola che mi racconti?-
Rim decise di dirle immediatamente della festa e con sua grande gioia la zia non ebbe nulla in contrario a farla andare –peccato!- le disse mentre l'accompagnava alla porta  –avevo sperato di trascorrere il pomeriggio con te ma sarà per un'altra volta... dopotutto il mio giardino è grande e non puoi mica sistemarlo tutto in un solo pomeriggio...vero? Chiederò a tuo padre di mandarti qui anche la settimana prossima così mi racconterai come è andata la festa-
-Grazie zia, sei fantastica!- le disse Rim abbracciandola.

Quando arrivò a casa di Sara la festa era già iniziata da un po'. Nel vederla Elena le corse incontro sorridendo –Rim! Ce l'hai fatta a venire. Sono contenta! Ci sono tutti e c'è anche qualche ragazzo di quinta laggiù, vedi?-
A Rim i ragazzi non interessavano. Voleva solo divertirsi ballando e trascorrendo il pomeriggio come una qualsiasi adolescente della sua età. Si buttò in pista e ad occhi chiusi si lasciò trasportare dal ritmo della musica svuotando la mente da ogni pensiero. Si sentiva libera e felice.
Ad un tratto il ritmo cambiò e la musica divenne lenta. Rim aprì gli occhi e si trovò davanti un ragazzo che la osservava sorridendo. Sussultò.
-Scusa, non volevo spaventarti– le disse lo sconosciuto –ma eri talmente bella così concentrata nel ballo che non volevo interromperti-
Rim si guardò attorno imbarazzata in cerca di un viso familiare. Tutte le sue compagne però stavano ballando.
-Balli?- le chiese lo sconosciuto.
-Non ti conosco– rispose Rim sulla difensiva, maledicendo se stessa per quella frase.
-A questo possiamo rimediare. Mi chiamo Alex e sono il fratello di Sara-
-Io sono Rim– rispose impacciata.
-Allora Rim mi concedi questo ballo?- le chiese abbozzando un inchino.
Lei esitò ma lui non si diede per vinto e con gesto deciso le prese una mano e la condusse al centro della pista in modo che non potesse fuggire via. Poi l'abbracciò e iniziarono a ballare lasciandosi cullare dal ritmo lento della musica. Rim non era mai stata così vicina ad un ragazzo. Poteva sentirne il profumo e avvertiva il calore del suo corpo attraverso la sottile stoffa delle loro t-shirt. Si abbandonò tra le sue braccia lasciando che lui la stringesse sempre di più. Sentiva la sua mano sulla schiena e per un attimo desiderò che il tempo si fermasse in quell'istante. A fermarsi fu invece la musica. Sara annunciò che in giardino c'era da bere e da mangiare e tutti si riversarono fuori lasciandoli soli.
-Hai fame?- le domandò senza sciogliersi dall'abbraccio.
Rim fece segno di no con la testa. Sapeva di trovarsi in una posizione sconveniente per una ragazza musulmana ma non le importava.
-Sete?-
Rim scosse il capo per la seconda volta.
-Io invece sì– le disse Alex fissandola negli occhi –ho sete di te– e con un movimento estremamente lento si chinò su di lei e le baciò prima gli occhi, poi il naso, infine le labbra.
Fu un bacio lento e delicato che a Rim fece venire i brividi lungo la schiena. Quando alla fine Alex si staccò da lei, Rim rimase ferma con gli occhi chiusi e le labbra protese in attesa che lui ricominciasse. Il bacio tanto atteso anziché sulle labbra si posò sulla punta del suo naso e la costrinse ad aprire gli occhi. Lui la guardava e le sorrideva –usciamo a mangiare qualcosa?-
Rim avrebbe tanto desiderato restare un altro po' ma era tardi e doveva tornare a casa prima che suo padre iniziasse a sospettare qualcosa -ti ringrazio ma ora devo andare, ho promesso a mia madre che l'avrei accompagnata in centro – mentì.
-Ci vediamo domani pomeriggio?-
-Domani devo studiare-
-Allora verrò a prenderti all'uscita di scuola e ti accompagnerò a casa-

Nei mesi seguenti Rim con la complicità di zia Amina riuscì a frequentare Alex, anche se non con la continuità che il ragazzo avrebbe voluto. Inventava bugie su bugie a casa e con Alex. Gli aveva fatto credere di essere una ragazza come le altre. Lui neppure immaginava tutto quello che doveva architettare per riuscire ad incontrarlo. Rim temeva che se l'avesse saputo, non avrebbe più voluto vederla. Una storia con una musulmana poteva essere troppo complicata per un ragazzo occidentale. Ogni giorno Alex la riaccompagnava a casa in macchina dopo la scuola e Rim sfruttava il tempo guadagnato abbandonandosi a tenere effusioni nel parcheggio distante una cinquantina di metri da casa sua. Aveva fatto credere ad Alex che viveva nel palazzo di fronte dove, dopo averlo salutato, entrava per rifugiarsi nel sottoscala ed indossare il suo burka prima di rincasare.

Un giorno verso la metà di maggio Alex le disse che doveva partire per lavoro. Sarebbe stato via un mese. Prevedeva di tornare verso la fine della scuola. Gli occhi di Rim si riempirono di lacrime
-Ehi che c'è? Dopotutto è solo un mese...-
-Niente, è che già mi manchi-
Quel giorno Rim rientrò a casa con un brutto presentimento. Seduti in salotto ad aspettarla trovò i suoi genitori insieme ad uno sconosciuto.
–Rim! Vieni!- le ordinò suo padre appena entrò -Ti presento Moustafa, il tuo futuro sposo– le disse indicando l'uomo accanto a sè –starà da noi fino alla fine della scuola, poi andrai con lui in Marocco per sposarti-
Sconvolta Rim rimase in silenzio finché non le fu possibile rifugiarsi in camera sua.
Pianse per il resto del giorno e per tutta la notte. Non vedeva via d'uscita. Si sentiva in trappola. Avrebbe voluto parlarne con Alex  ma lui era partito. Nei giorni seguenti si comportò come se nulla fosse. Aveva deciso che piuttosto che sposare quell'uomo si sarebbe uccisa ma non ce ne sarebbe stato bisogno perché presto sarebbe fuggita con Alex.
L'ultimo giorno di scuola suo padre venne a prenderla insieme a Moustafa e a sua madre.
-Che succede?-
-É ora di partire. Vi accompagno all'aeroporto-
-Adesso?-
Non ci fu risposta. Tre ore dopo Rim guardava le case che si rimpicciolivano sotto di lei e insieme a loro sentì fuggir via anche ogni speranza di essere felice. Mormorò una sola parola”InshaAllah” prima di rassegnarsi al suo destino con la consapevolezza che il ricordo del suo amore avrebbe alimentato ogni istante che le rimaneva da vivere.

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