lunedì 3 settembre 2012

«L'IMPORTANZA DI UN SOGNO» di Erminia Daniela Bizzarro per il concorso "Indagine su Giulietta"


Cinque anni passano in fretta, soprattutto quando si e' giovani. Un giorno entri ragazzino in una scuola nuova, talmente grande che quasi hai paura di perderti girando da solo tra quelle aule e, ne esci qualche tempo dopo carico di sogni e speranze, pronto ad iniziare la tua battaglia per inserirti nel mondo. Ultimo intoppo da superare, il voto di maturità. Quello che in tanti considerano un inutile numerino, una cifra scritta su un foglio di carta, indirizzerà' invece il tuo futuro, peccato che tutti i ragazzi se ne rendano conto tropo tardi.Tutto dipende dalla semplice espressione matematica: (rendimento scolastico dei cinque anni) + (voto di maturità) X eventuale botta di fortuna. Se il risultato conclusivo sarà uguale o superiore ai 70/100,  potrai ambire ad un lavoro del tipo impiegatizio, come sportellista in una posta per esempio, al contrario invece, ti toccherà arrangiarti, trovandoti a scartare a vita quegli annunci di lavoro dove si chiedono voti di diploma superiore al tuo.   
Giulietta Capuleti a differenza dei suoi compagni di classe non se ne era mai preoccupata più' tanto. Sapeva di aver dato tutto, non aveva rimorsi, qualsiasi fosse stata la cifra che avrebbe accompagnato il suo ingresso nel mondo degli adulti, sarebbe andata bene, Del resto all'università' non e' il voto del   diploma a fare la differenza ma ben altro. Sognava di diventare una reporter, vedere nuovi paesi, incontrare tanta gente e, ci sarebbe riuscita prima o poi, l'aveva promesso a se stessa.
"Ottantacinque, non male. " Fu l'unica cosa che le disse suo padre quando gli comunico' il voto conseguito. Non era contento, non era mai contento,qualsiasi cosa secondo lui poteva essere fatta meglio: la scuola, il lavoro, perfino i sogni e i progetti per il futuro. Giulietta, mossa da quel amore che tutte le bambine provano per il loro padre e, pervasa dalla voglia di compiacerlo, per un po aveva cercato di accontentarlo, di fare di più'. Aveva trascorso giorni interi chinata sui libri, senza mettere il naso fuori dalla sua stanza se non per mangiare o per andare in bagno, ma non riusci a reggere quei ritmi per molto tempo, facendo ben presto la mai piacevole conoscenza dei cosi detti “ limiti “. Il suo "di più'" l'aveva sempre fatto e, un giorno l'avrebbe capito anche suo padre, cosi come le aveva detto sua madre non molto tempo prima, dopo aver scoperto il suo diario. Già, nell'era dell'informatica, del pc, e dell'Ipad Giulietta teneva ancora un diario segreto. Le piaceva il leggero fruscio emesso dalla carta, tutte le volte che presa da nostalgia aveva fatto scorrere veloce quelle pagine tra le sue dita. Da qualche parte qui e la, erano ancora visibili le macchie provocate dalle lacrime, prova di tutte le volta che le aveva prestato una spalla su cui piangere, da buon confidente silenzioso qual'era. No, quel piccolo quaderno rilegato in pelle aveva smesso di essere una cosa tanto tempo fa e, Giulietta non l'avrebbe cambiato per nulla al mondo. Quanti problemi le avevano provocate quelle pagine, riposte in un non troppo sicuro nascondiglio. Spesso la madre aveva cercato di parlarle, di instaurare un rapporto con quella figlia tanto brillante quanto silenziosa ma, senza nessun risultato. Giulietta si limitava ad ascoltare, annuendo in silenzio ma,niente di più. Non e' che avesse qualcosa contro di lei, anzi, adorava sua madre e lei dal canto suo cercava di non farle mancare niente, di darle tutto l'appoggio di cui aveva bisogno a quell'età, fatta di scelte e decisioni importanti ma, Giulietta proprio non ci riusciva, nonostante sentisse di potersi aprire con lei, lo trovava troppo imbarazzante. E poi, cosa le avrebbe mai potuto raccontare?  Di certo non di §Romeo, il suo fidanzato e, dei suoi continui tradimenti, di certo non avrebbe potuto raccontarle di quando aveva pensato di andare a letto con lui, solo per far si che non la lasciasse. Allora scriveva pagine e pagine, urla silenziose gridate nel buio di una stanza, in solitudine. Nonostante fosse piena di amici, adorava stare da sola, era l'unico momento in cui poteva dare ascolto pienamente ai suoi pensieri e combattere le sue paure. Questa fu un abitudine che l'accompagno nel tempo, anche dopo essere andata via di casa. Da Verona si era trasferita a Roma, per studiare scienze delle comunicazioni alla Sapienza, inseguiva ancora il suo sogno di diventare una reporter. Nonostante quel padre un po troppo tradizionalista avesse cercato di tenerla a Verona, in nome di un lavoro sicuro e redditizio, aveva deciso di partire, nella valigia tanti sogni e quel diario, l'amico di sempre, tra le pagine un foglietto volante: "puoi farcela,mamma". Gia, poteva farcela, voleva farcela. Romeo l'aveva seguita. Nonostante tutti i tradimenti, le bugie e la false promesse le aveva giurato amore eterno e, Giulietta gli aveva creduto. Si erano conosciuti per caso, galeotto fu facebook, come si suol dire. Una notifica, una richiesta d'amicizia di un perfetto sconosciuto, l'unica cosa a legarli, un amicizia in comune, un profilo che aveva permesso a Romeo di scegliere fra tante fotografie quella della ragazza più' carina, per poi cercare d'approcciare, quasi come se Giulietta fosse stata una giacca nuova da provare prima di acquistarla. Del resto con l'avvento dei social network erano in molti i ragazzi ad adottare questa tecnica e, sempre di più' le ragazze a cascarci. E' facile nascondersi dietro ad uno schermo, tutti sono capaci di belle parole e tante promesse quando non si guarda negli occhi l'altra persona, quelli si sa sono lo specchio dell'anima, non mentono mai. Il problema e il dopo. Quando si è già sentimentalmente presi, quando il sentire “l'altro”  è diventata una droga  e, il vederlo l'obiettivo della tua giornata, non è facile tagliare i ponti, mettere un freno ad una storia, per quanto autodistruttiva questa possa essere. Giulietta non aveva mai capito cosa fosse a legarla realmente a Romeo, di sicuro l'amava, ma erano così diversi. Era un eterno bambino. Stavano insieme da quasi quattro anni e lui non era cambiato per niente. Non aveva ne sogni ne aspettative, la sua unica preoccupazione era divertirsi. Anche l'Università, per Romeo non era altro che un gioco, una scusa per non lavorare, un parcheggio sicuro. Si erano iscritti alla stessa facoltà, per mesi Giulietta aveva provato a spronarlo, a fargli capire che così non andava, aveva provato perfino con la tecnica del ricatto, ma niente, un esame in un anno, e pure con la votazione di ventisei. Le cose tra loro iniziarono ad andare male e la convivenza si fece pesante. Romeo continuava a rincasare tardi la notte e a sparire per ore intere senza dare notizie. Giulietta consumata dalla rabbia e dalla gelosia inizio' a trascurare lo studio, non riusciva più a concentrarsi, e del resto come avrebbe potuto? Presa dalla disperazione decise di chiedere aiuto ad un consulente dell'università, la risposta che ne ricavò fu la seguente “E' una fase, passerà. Capita a buona parte degli studenti fuori sede di lasciarsi andare, una volta abbandonata la casa dei genitori” A lei però non era successo. Presa da uno scatto d'ira lanciò un cuscino del divano contro un mobile, dove erano accatastati dei libri, facendone cadere uno. Quando si chinò per raccoglierlo la scritta su un foglietto, ormai dimenticato,attirò la sua attenzione: “ Puoi farcela. Mamma”. Rimase a fissare quella calligrafia così gentile per un minuto, forse due, o almeno così le era sembrato. Ma quando in realtà alzò lo sguardo, era il giorno della sua laurea. Aveva realizzato il suo sogno. Ad assistere al suo trionfo in prima fila sua madre e suo padre, che fu il primo a congratularsi con lei, stavolta con il sorriso sulle labbra." Sono orgoglio so di te" , le disse,mentre Giulietta per la prima volta si sentiva una donna, un adulta. Per quanto riguarda Romeo si vocifera che il padre gli abbia tagliato i fondi intimandogli di tornare a Verona, ma questa è un altra storia.  

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