Cinque anni passano in fretta, soprattutto quando si e' giovani.
Un giorno entri ragazzino in una scuola nuova, talmente grande che quasi hai
paura di perderti girando da solo tra quelle aule e, ne esci qualche tempo dopo
carico di sogni e speranze, pronto ad iniziare la tua battaglia per inserirti
nel mondo. Ultimo intoppo da superare, il voto di maturità. Quello che in tanti
considerano un inutile numerino, una cifra scritta su un foglio di carta,
indirizzerà' invece il tuo futuro, peccato che tutti i ragazzi se ne rendano
conto tropo tardi.Tutto dipende dalla semplice espressione matematica:
(rendimento scolastico dei cinque anni) + (voto di maturità) X eventuale botta
di fortuna. Se il risultato conclusivo sarà uguale o superiore ai 70/100, potrai ambire ad un lavoro del tipo
impiegatizio, come sportellista in una posta per esempio, al contrario invece,
ti toccherà arrangiarti, trovandoti a scartare a vita quegli annunci di lavoro
dove si chiedono voti di diploma superiore al tuo.
Giulietta Capuleti a differenza dei suoi compagni di classe non
se ne era mai preoccupata più' tanto. Sapeva di aver dato tutto, non aveva
rimorsi, qualsiasi fosse stata la cifra che avrebbe accompagnato il suo
ingresso nel mondo degli adulti, sarebbe andata bene, Del resto all'università'
non e' il voto del diploma a
fare la differenza ma ben altro. Sognava di diventare una reporter, vedere
nuovi paesi, incontrare tanta gente e, ci sarebbe riuscita prima o poi, l'aveva
promesso a se stessa.
"Ottantacinque, non male. " Fu l'unica cosa che le
disse suo padre quando gli comunico' il voto conseguito. Non era contento, non
era mai contento,qualsiasi cosa secondo lui poteva essere fatta meglio: la
scuola, il lavoro, perfino i sogni e i progetti per il futuro. Giulietta, mossa
da quel amore che tutte le bambine provano per il loro padre e, pervasa dalla
voglia di compiacerlo, per un po aveva cercato di accontentarlo, di fare di più'.
Aveva trascorso giorni interi chinata sui libri, senza mettere il naso fuori
dalla sua stanza se non per mangiare o per andare in bagno, ma non riusci a
reggere quei ritmi per molto tempo, facendo ben presto la mai piacevole
conoscenza dei cosi detti “ limiti “. Il suo "di più'" l'aveva sempre
fatto e, un giorno l'avrebbe capito anche suo padre, cosi come le aveva detto
sua madre non molto tempo prima, dopo aver scoperto il suo diario. Già,
nell'era dell'informatica, del pc, e dell'Ipad Giulietta teneva ancora un
diario segreto. Le piaceva il leggero fruscio emesso dalla carta, tutte le
volte che presa da nostalgia aveva fatto scorrere veloce quelle pagine tra le
sue dita. Da qualche parte qui e la, erano ancora visibili le macchie provocate
dalle lacrime, prova di tutte le volta che le aveva prestato una spalla su cui
piangere, da buon confidente silenzioso qual'era. No, quel piccolo quaderno
rilegato in pelle aveva smesso di essere una cosa tanto tempo fa e, Giulietta
non l'avrebbe cambiato per nulla al mondo. Quanti problemi le avevano provocate
quelle pagine, riposte in un non troppo sicuro nascondiglio. Spesso la madre
aveva cercato di parlarle, di instaurare un rapporto con quella figlia tanto
brillante quanto silenziosa ma, senza nessun risultato. Giulietta si limitava
ad ascoltare, annuendo in silenzio ma,niente di più. Non e' che avesse qualcosa
contro di lei, anzi, adorava sua madre e lei dal canto suo cercava di non farle
mancare niente, di darle tutto l'appoggio di cui aveva bisogno a quell'età,
fatta di scelte e decisioni importanti ma, Giulietta proprio non ci riusciva,
nonostante sentisse di potersi aprire con lei, lo trovava troppo imbarazzante.
E poi, cosa le avrebbe mai potuto raccontare? Di certo non di §Romeo, il suo fidanzato e, dei suoi
continui tradimenti, di certo non avrebbe potuto raccontarle di quando aveva
pensato di andare a letto con lui, solo per far si che non la lasciasse. Allora
scriveva pagine e pagine, urla silenziose gridate nel buio di una stanza, in
solitudine. Nonostante fosse piena di amici, adorava stare da sola, era l'unico
momento in cui poteva dare ascolto pienamente ai suoi pensieri e combattere le
sue paure. Questa fu un abitudine che l'accompagno nel tempo, anche dopo essere
andata via di casa. Da Verona si era trasferita a Roma, per studiare scienze
delle comunicazioni alla Sapienza, inseguiva ancora il suo sogno di diventare
una reporter. Nonostante quel padre un po troppo tradizionalista avesse cercato
di tenerla a Verona, in nome di un lavoro sicuro e redditizio, aveva deciso di
partire, nella valigia tanti sogni e quel diario, l'amico di sempre, tra le
pagine un foglietto volante: "puoi farcela,mamma". Gia, poteva
farcela, voleva farcela. Romeo l'aveva seguita. Nonostante tutti i tradimenti,
le bugie e la false promesse le aveva giurato amore eterno e, Giulietta gli aveva
creduto. Si erano conosciuti per caso, galeotto fu facebook, come si suol dire.
Una notifica, una richiesta d'amicizia di un perfetto sconosciuto, l'unica cosa
a legarli, un amicizia in comune, un profilo che aveva permesso a Romeo di
scegliere fra tante fotografie quella della ragazza più' carina, per poi
cercare d'approcciare, quasi come se Giulietta fosse stata una giacca nuova da
provare prima di acquistarla. Del resto con l'avvento dei social network erano
in molti i ragazzi ad adottare questa tecnica e, sempre di più' le ragazze
a cascarci. E' facile nascondersi dietro ad uno schermo, tutti sono capaci di
belle parole e tante promesse quando non si guarda negli occhi l'altra persona,
quelli si sa sono lo specchio dell'anima, non mentono mai. Il problema e il
dopo. Quando si è già sentimentalmente presi, quando il sentire “l'altro” è diventata una droga e, il vederlo l'obiettivo della tua
giornata, non è facile tagliare i ponti, mettere un freno ad una storia, per
quanto autodistruttiva questa possa essere. Giulietta non aveva mai capito cosa
fosse a legarla realmente a Romeo, di sicuro l'amava, ma erano così diversi.
Era un eterno bambino. Stavano insieme da quasi quattro anni e lui non era
cambiato per niente. Non aveva ne sogni ne aspettative, la sua unica
preoccupazione era divertirsi. Anche l'Università, per Romeo non era altro che
un gioco, una scusa per non lavorare, un parcheggio sicuro. Si erano iscritti
alla stessa facoltà, per mesi Giulietta aveva provato a spronarlo, a fargli
capire che così non andava, aveva provato perfino con la tecnica del ricatto,
ma niente, un esame in un anno, e pure con la votazione di ventisei. Le cose
tra loro iniziarono ad andare male e la convivenza si fece pesante. Romeo
continuava a rincasare tardi la notte e a sparire per ore intere senza dare
notizie. Giulietta consumata dalla rabbia e dalla gelosia inizio' a trascurare
lo studio, non riusciva più a concentrarsi, e del resto come avrebbe potuto?
Presa dalla disperazione decise di chiedere aiuto ad un consulente dell'università,
la risposta che ne ricavò fu la seguente “E' una fase, passerà. Capita a buona
parte degli studenti fuori sede di lasciarsi andare, una volta abbandonata la
casa dei genitori” A lei però non era successo. Presa da uno scatto d'ira lanciò
un cuscino del divano contro un mobile, dove erano accatastati dei libri,
facendone cadere uno. Quando si chinò per raccoglierlo la scritta su un
foglietto, ormai dimenticato,attirò la sua attenzione: “ Puoi farcela. Mamma”.
Rimase a fissare quella calligrafia così gentile per un minuto, forse due, o
almeno così le era sembrato. Ma quando in realtà alzò lo sguardo, era il giorno
della sua laurea. Aveva realizzato il suo sogno. Ad assistere al suo trionfo in
prima fila sua madre e suo padre, che fu il primo a congratularsi con lei,
stavolta con il sorriso sulle labbra." Sono orgoglio so di te" , le
disse,mentre Giulietta per la prima volta si sentiva una donna, un adulta. Per
quanto riguarda Romeo si vocifera che il padre gli abbia tagliato i fondi intimandogli
di tornare a Verona, ma questa è un altra storia.
Nessun commento:
Posta un commento