Tra dieci
minuti passa a prendermi e io non sono ancora pronta. E ci credo, ho dovuto
beccarmi la ramanzina di mio padre per tutto il tempo che mi è servito a fare
colazione. Che vecchio noioso, quello là! Se da grande diventerò come lui dovrò
farmi sopprimere come si fa con i cavalli malati o giù di lì. Cioè, i vecchi
sono già noiosi di loro, ma mio padre lo è molto di più. Tipo che stamattina mi
ha ripetuto venti volte che non ho ancora quattordici anni e non posso fare
sempre come mi pare. Io, invece, gli ho detto che ho quattordici anni e non
sono più una bambina scema che fa tutto quello che vuole lui e la Muta. E
la Muta sarebbe mia madre che di
difendermi non ne vuole mai sapere e l’unica cosa che fa durante il giorno è
scappare dal parrucchiere e dall’estetista. “Tuo padre si preoccupa, lo devi
capire!”, mi dice al massimo, tra una tinta biondo banana e una biondo
paglierino. Ma di cosa si preoccupa, quello là? Sono grande e so quello che
faccio. E comunque lui è sempre preoccupato. Si preoccupa per qualsiasi cosa:
la musica a tutto volume, i miei amici, il mio nuovo ombretto super luccicante.
Fino a quando tutte queste cose ha cominciato a ignorarle quando ha capito
che mi sono innamorata del figlio
di uno dei suoi operai rumeni. Quando l’ha saputo non mi ha fatto uscire per un
mese e mi ha tolto il computer per due settimane. Neanche il cellulare, potevo
usare, roba che potevo denunciarlo per sequestro o qualcosa del genere. Cioè,
cosa c’è di male a farsi piacere uno che ha i genitori della Romania? È come
dire che uno mi sta antipatico solo perché ha i genitori che sono nati a Milano
o a Roma. Che senso ha? Ma lui niente, non ne ha voluto sapere e come se non
bastasse mi ha pure fatto conoscere uno. “Un bravissimo ragazzo, Paride, figlio
di uno dei miei più cari amici. Pensa che da grande vuole fare l’avvocato!”, mi
ha detto. Ma come potrei uscire con uno che ha quel nome? Paride… Più lo ripeto
e più mi sembra brutto…e lo dice una che si chiama Giulietta! E giusto per precisare,
il mio nome è frutto della scemenza della Muta che è fissata con quelle
tragedie pallose scritte tipo tremila anni fa e che ci insegnano a scuola. Roba
da sclero, dico io. Però, se io sono Giulietta, lui era il mio Romeo. E se mio
padre scopre come l’ho conosciuto gli viene un infarto, lo so.
Era la
festa di compleanno della Muta: lei fa sempre una festa nel salone grande della
nostra villa nel giorno che compie gli anni. E mi costringe ogni anno a
partecipare vestita con degli abiti orrendi con su dei pizzi e dei merletti che
forse andavano di moda ai suoi tempi, quando più o meno c’erano ancora i
dinosauri. Ovviamente lui s’è imbucato insieme ai suoi amici, ma tra tutta la
gente che mia madre di solito invita, chi poteva accorgersene? È stato allora
che ci siamo conosciuti. Non mi toglieva gli occhi di dosso e io mi sentivo
bellissima come una di quelle modelle che si vedono sui cataloghi di moda.
“Aspetta che lo racconti a scuola!”, ho pensato, ma proprio in quel momento lui
si è avvicinato. Mi ha parlato e oltre che bellissimo tipo Justin Bieber ma con
i capelli più scuri, mi è sembrato tanto dolce e gentile. Peccato per quei
cretini dei suoi amici che hanno cominciato a sfottere, ma alla fine abbiamo
deciso di ignorarli e, lontani dagli occhi degli altri, ci siamo baciati in
giardino, seduti sulle sdraio vicino alla piscina. Ci siamo scambiati i numeri
di telefono e i contatti su Facebook, ma quella notte, mentre mi appisolavo, mi
è arrivato un messaggio sul cellulare. “Amò, esci k sn in giardino”. Mi sono
affacciata al balcone della mia stanza, al primo piano, e lui era lì. Non era
neppure tornato a casa e mi aveva aspettata là fuori per tutto il tempo. Un
brivido mi ha scosso quando l’ho visto. “Se mio padre ti vede ti ammazza, e poi
ammazza me”, gli ho detto. Sì, lo so, non è una delle cose più romantiche da
dire in un caso del genere, ma mica potevo incoraggiarlo più di tanto, dico io.
E poi era vero che mio padre ci avrebbe ammazzati se ci avesse visti. Ma a quel
punto lui ha cominciato a parlarmi di sole e oriente, di ali dell’amore e manti
della notte. Lo ammetto, non ci ho capito niente, ma alla fine abbiamo passato
così quasi tutta la notte. Se n’è andato all’alba, ma non pensate che lo abbia
fato salire in camera e ci abbia fatto chissà cosa: mica faccio quello con uno che ho conosciuto la sera
prima! Però l’idea mi ha sfiorato un paio di volte, mentre ero con lui.
Il giorno
dopo lo abbiamo passato a messaggiare e a taggarci su Facebook con i video dei
Modà e di Emma. Poi è successo un casino. Cioè, sapevo che mio padre è
isterico, ma quella volta ha superato ogni limite. Ci ha beccati mentre
passeggiavamo insieme mano nella mano e mi ha trascinata a casa urlandomi di
tutto. Tipo che una ragazza di buona famiglia come me non può abbassarsi ad uscire
con uno come quello, e la parola quello la diceva tutto schifato, come se
avesse mangiato qualcosa di disgustoso. Perché quello, secondo lui, non è come me o lui. E la Muta, ovviamente,
faceva la muta. Io ho cominciato a rispondere a mio padre. Cioè, tu insulti il
mio ragazzo e io devo stare zitta? Ma alla fine mio padre mi ha messo in
punizione ed è andato a parlare con i genitori di lui e fine della storia. Non
l’ho più rivisto né sentito. Poi un giorno, quando finalmente ho riavuto il
permesso di usare il cellulare, ho letto un suo sms che mi diceva di aver fatto
a botte con quello scemo di mio cugino Tebaldo (tutti nomi interessanti, in
famiglia mia, eh?) che, da bravo troglodita, saputo quello che era successo,
voleva difendere il mio onore, o almeno così andava dicendo in giro. E nel
farlo aveva mandato all’ospedale l’amico Mercuzio. Ora anche lui era in
punizione ed era stato mandato in campagna dalla zia. Questo significava che
non ci saremmo visti per mesi e la cosa mi ha mandata nel panico. Cioè,
insomma, io lo amavo e lui amava me…che senso aveva stare così lontani? Dovevo
fare qualcosa per rivederlo, e il mio vecchio amico Lorenzo poteva essere la
soluzione. Perché? Ha il motorino e i miei si fidano ciecamente di lui.
Peccato
che Lorenzo, quando ha capito che da lui volevo solo un passaggio per andare a
trovare il mio Romeo, mi ha lasciata in mezzo alla strada più isolata della
città, in piena notte. E sì che lo so che ha sempre avuto una cotta per me, ma
reagire così è proprio esagerato. Oltre che non me l’aspettavo. Ho chiamato
lui, gli ho chiesto di venirmi a prendere. È arrivato dopo mezz’ora. Guidava la
macchina dello zio, e la cosa mi è sembrata subito strana: ha 16 anni e non ha
la patente. Però mi ha detto che era un caso di emergenza e ha dovuto prenderla
di nascosto. Mi stava riaccompagnando a casa quando abbiamo avuto l’incidente.
Ho pensato che sarei morta, che saremmo morti entrambi. Quella volta, in
ospedale, non sono mai stata tanto contenta di rivedere i miei genitori, ma a loro
non lo dico neanche per sogno.
Mio padre
continua a parlarmi e io annuisco. Non ha ancora capito che ho le cuffie nelle
orecchie e ascolto Adele dall’ipod. Quando è noioso! Per fortuna che il mio
cellulare comincia a squillare. Devo scendere, mi sta aspettando fuori. Saluto
mio padre che continua a sbraitare mentre la Muta si dipinge le unghie e mi
fiondo oltre il cancello di casa. Non li sopporto davvero più, quei due vecchi!
Ma com’è che si diventa come loro, a una certa? Ho proprio bisogno di una bella
passeggiata e di una chiacchierata. E magari anche di un bel gelato. Corro
incontro alla mia best friend Francy e l’abbraccio. “Gelatino, tesò?”, le dico,
e lei accetta volentieri e ci dirigiamo in centro raccontandoci i fatti nostri.
E pure lei ha dei genitori pesanti e una storia finita male con un ragazzo,
quindi lo so che mi capisce quanto io capisco lei. L’adoro perché lei è uguale
a me. La stessa cosa non si può dire per il mio caro Romeo. Che, giusto per
puntualizzare, ho lasciato io la scorsa settimana. E che vi aspettavate, che mi
suicidassi per amore insieme a lui? Ho 14 anni ma non sono stupida. E poi sono
cresciuta parecchio, da allora. Cioè, abbiamo continuato a vederci, dopo
l’incidente. Fino a quando non l’ho scoperto che limonava con quell’oca di mia
cugina Rosalina. Tipo che manco la luna cambia faccia più in fretta di lui. Ma
vi rendete conto? Quello là è uscito con me ma contemporaneamente si vedeva
anche con lei. Insomma, dopo questa credo di aver chiuso con gli uomini. Almeno
per ora. Perché se Romeo è davvero Romeo, dovrebbe essere pronto a rinnegare il
suo stesso nome per me, a superare ogni ostacolo di pietra, a lottare per il
nostro germoglio d’amore nel vento estivo. E dovrebbe esser pronto a morire
sulle mie labbra, solo per amor mio. Chiedo forse troppo?
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