Adrian
rimaneva nascosto tra le colonne di marmo che volavano fin sulle capriate più
alte chiedendosi in continuo perché fosse entrato in chiesa.
La luce
che spaccava i rosoni colorati metteva in risalto il contorno del suo viso, non
era cambiato molto: lo stesso taglio di capelli solo un poco più lunghi, le
stesse labbra, gli stessi occhiali da sole che non voleva mai togliere.
La
cerimonia proseguiva e le lacrime dei parenti vicini all'altare lo facevano
sentire ancora più inopportuno. Li riconobbe tutti, la madre, il padre e i
fratelli. Ricordò le minacce subite perché doveva smettere di vederla e si
chiedeva se fossero contenti ora che avevano ottenuto ciò che volevano.
Girò
nuovamente lo sguardo all’altare. Si sentì assalire da una vampata di caldo dallo
stomaco fino alla gola. Il cuore cominciò a pulsare più rapidamente, i ricordi
a farsi vivi. Tolse la giacca cercando di scrutarle il viso.
Parecchi
anni prima l’aveva abbandonata senza darle spiegazioni. Si era trasferito in
un’altra città, si era fatto un’altra vita, ma i ricordi e il rimorso lo
perseguitavano giorno dopo giorno. Poi, una mattina, gli arrivò l'invito. Pensò
fosse uno scherzo, non sapeva come fosse riuscita ad avere l’indirizzo, ma la
firma era la sua. Elena.
La chiesa
era piccola e il profumo di fiori freschi misto all'incenso gli dava alla
testa. Sbottonò il colletto della camicia.
Da lontano
poteva scorgere le ciocche bionde sotto il velo pettinate per l'occasione, ma
non riusciva a vederle il volto, si avvicinò facendosi largo tra gli invitati
che lo osservavano stupiti. Doveva guardarla negli occhi.
Vide il
prete portarsi davanti all’altare.
Il mondo
cominciò a girare più lentamente, nel cervello di Adrian tutto si stava
fermando. Poteva vedere le labbra del sacerdote muoversi mentre pronunciavano
quelle frasi, poteva vedere il chierichetto dondolare l'ampolla dell'incenso,
tutto sempre più lentamente. I suoi sensi erano amplificati, sentiva il rumore
delle lacrime che scivolavano dai volti.
“VUOI
TU...”
Vide il
verde degli occhi di lei spostarsi dal basso verso l’alto, luminosi e pieni di
gioia come non li aveva mai visti. Quello fu l'istante esatto in cui la vita si
fermò. Intorno a Adrian tutto era
congelato, immobile, inchiodato a quell'attimo eterno.
Allungò
istintivamente una mano. Avrebbe voluto gridare, vincolare il tempo al suo
volere e tornare indietro, tornare al momento in cui il padre di Elena gli
buttò in faccia la busta piena di denaro dicendo di non farsi più vedere.
Chiuse gli
occhi stordito, sentì la chiesa girargli intorno, sempre più velocemente,
sempre più velocemente, sempre più velocemente. Il fragore degli applausi lo
riportò di prepotenza alla realtà.
Tutto
finito.
Fu tra i
primi a uscire, aveva bisogno di aria.
Poco dopo
si spalancarono le grandi porte di legno e gli sposi vennero bagnati da una
pioggia di riso tra applausi e urla di gioia. La fila di persone che si formò
per baciarla diventava sempre più lunga.
Ora poteva
vederla bene. Era lei, era veramente lei. Elena.
Mise una
mano in tasca cercando la sicurezza della chiave della macchina. Fece pochi
passi verso l’auto quando si sentì strattonare. Si voltò di scatto. Gli occhi
lucidi, un sorriso imbarazzato.
"Grazie
per essere venuto!"
Adrian
sentiva un nodo in gola.
"Non
dai un bacio alla sposa?" disse Elena cercando di rompere l’imbarazzo del
momento.
"Si,
Certo...Congratulazioni..." rispose passandosi una mano tra i capelli,
scappando dai suoi occhi.
Lei sentì
l’accento straniero delle sue parole, immutato.
"Ma...
te ne stavi andando?" chiese dispiaciuta.
"Bhè
io... insomma... ho un impegno, ho fatto giusto un salto."
Non aveva
più avuto sue notizie, sparito nel nulla, senza spiegazioni se non quelle di
disprezzo dei genitori. Solo il tempo era riuscito a lenire il dolore delle
notti insonni a chiedersi perché. Ma Adrian adesso era davanti a lei e,
nonostante tutto, non provava rancore, non provava rabbia. Poteva percepire il
calore del suo sguardo anche dietro gli occhiali scuri.
"Resta,
ti prego!" disse stringendogli le mani.
Sentiva il
contatto, sentiva le sue mani tremare.
"Io..."
non riuscì a farfugliare altro.
"Nel
parco del ristorante! Tra un'ora! " disse lei voltandosi e perdendosi tra
gli invitati.
Adrian
salì in auto e la mise in moto. Si fermò al tabacchino. Aveva smesso di fumare,
ma quella era un’ottima occasione per ricominciare.
Un'ora
dopo passeggiava per il parco del ristorante provando le stesse sensazioni di
tanti anni prima, quando la aspettava ansioso sotto casa. Non poteva salire in
quel bell’appartamento, per lui, clandestino senza permesso di soggiorno, era
zona vietata, come un cane randagio doveva aspettarla di nascosto. Anche Ivan,
l’unico amico fidato di Adrian, era contrario a quella relazione e continuava a
ripetergli che Elena non faceva per lui, che avrebbe passato dei guai. Aveva
dannatamente ragione. Alla prima rissa a causa di Elena, Ivan venne
accoltellato.
Adrian si
appoggiò a un platano ricordando quando si promettevano amore eterno
ripetendosi in continuazione: “Per
sempre!” Accese una sigaretta assaporando intensamente il primo inebriante
fiato. Un lungo guanto bianco gliela portò via.
"Ma
non avevi smesso?" disse lei portandosi la sigaretta alla bocca.
"Ridammela!" rispose il
ragazzo imbronciato.
"Dai
che ho smesso anche io!" la ragazza gettò la sigaretta dopo aver fatto un
altro fiato.
"E
DOVEVI SPOSARTI PER SMETTERE DI FUMARE?" risero insieme incrociando gli
sguardi.
"Adrian..."
la gola strozzata non le permetteva di pronunciare altre parole.
...
"Sei
bellissima!" le disse sincero.
"Grazie."
rispose a bassa voce.
"La
cerimonia è stata stupenda!" continuò il ragazzo.
"Adrian,
perché?” lo interruppe violenta lei.
...
La voce di
Adrian cominciò a farsi intermittente.
"A...
anche... anche lui, si, lui, è molto... si insomma... siete una bella
coppia!" il ragazzo
tergiversava goffamente.
...
"E’
stato mio padre vero?" Elena insisteva mentre lacrime amare cominciavano a
bagnarle il viso.
...
Ad Adrian
mancò il coraggio per raccontarle il passato. Riuscì solo ad abbracciarla. La
strinse forte a sé affondando il viso tra i capelli. Poteva riconoscere il suo
odore, lo aveva tenuto nascosto per tanti anni, imprigionato nel profondo del
cuore, ma in quel momento riaffiorò forte e attraente proprio come il suo
cervello ricordava. Respirò a pieni polmoni e guardò il cielo.
"E’
stata solo colpa mia, e non posso tornare indietro. Aveva ragione Ivan. Ma ora
davanti hai una vita meravigliosa, una vita che io non avrei potuto darti!
Adesso vai! Torna da tuo marito! Io... io devo andare!” Adrian prese distanza
sorridendo forzatamente e si diresse verso la macchina.
Un
attimo... Una piuma che vola... Un sogno che finisce...
Non lo
avrebbe più rivisto, e lei lo sapeva. Il ragazzo si allontanava e il cielo
cominciava a tingersi di rosso.
Le dita di
Adrian tremavano mentre apriva l’auto. Una mano gli fece girare il viso di
forza.
“Per
sempre!” Disse la ragazza.
Un soffio
di vento leggero... Le loro labbra ... Un regalo eterno...
Il ragazzo
chiuse gli occhi e salì in macchina con il sapore di lei in bocca.
Dallo
specchietto la vide rientrare nel ristorante tra gli sguardi preoccupati dei
parenti che si domandavano dove fosse andata. Un cameriere si avvicinò al padre
di Elena consegnandogli qualcosa, l’uomo ebbe un sussulto mentre apriva una
busta, la riconobbe, era la stessa busta.
Adrian
proseguiva senza destinazione, le lacrime gli annebbiavano la vista. Alzò
il volume della radio.
“...Sweet dreams are made of this
Who am I to disagree?
Travel the world and the seven seas
Everybody's looking for something…”
Fu
questione di un attimo, schiacciò la frizione e mise la terza. Accelerò
chiamando tutti i cavalli che il motore poteva dargli.
Alcuni
passanti lo videro per un attimo volare libero come un uccello, sventrare il
guardrail e precipitare lungo la scogliera.
Mentre
l’auto scompariva tra i flutti, un ultimo grido usciva dall’abitacolo.
“Per
sempre!”
“Andiamo via di qui, a ragionare ancora di questi
dolorosi avvenimenti; a qualcuno sarà perdonato ed altri sarà punito; poiché
non ci fu mai storia più pietosa di questa...”
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