lunedì 27 agosto 2012

«Giulietta e Romeo, forse» il racconto di Eleonora Ippolito per il concorso "Indagine su Giulietta"


Tra dieci minuti passa a prendermi e io non sono ancora pronta. E ci credo, ho dovuto beccarmi la ramanzina di mio padre per tutto il tempo che mi è servito a fare colazione. Che vecchio noioso, quello là! Se da grande diventerò come lui dovrò farmi sopprimere come si fa con i cavalli malati o giù di lì. Cioè, i vecchi sono già noiosi di loro, ma mio padre lo è molto di più. Tipo che stamattina mi ha ripetuto venti volte che non ho ancora quattordici anni e non posso fare sempre come mi pare. Io, invece, gli ho detto che ho quattordici anni e non sono più una bambina scema che fa tutto quello che vuole lui e la Muta. E la  Muta sarebbe mia madre che di difendermi non ne vuole mai sapere e l’unica cosa che fa durante il giorno è scappare dal parrucchiere e dall’estetista. “Tuo padre si preoccupa, lo devi capire!”, mi dice al massimo, tra una tinta biondo banana e una biondo paglierino. Ma di cosa si preoccupa, quello là? Sono grande e so quello che faccio. E comunque lui è sempre preoccupato. Si preoccupa per qualsiasi cosa: la musica a tutto volume, i miei amici, il mio nuovo ombretto super luccicante. Fino a quando tutte queste cose ha cominciato a ignorarle quando ha capito che  mi sono innamorata del figlio di uno dei suoi operai rumeni. Quando l’ha saputo non mi ha fatto uscire per un mese e mi ha tolto il computer per due settimane. Neanche il cellulare, potevo usare, roba che potevo denunciarlo per sequestro o qualcosa del genere. Cioè, cosa c’è di male a farsi piacere uno che ha i genitori della Romania? È come dire che uno mi sta antipatico solo perché ha i genitori che sono nati a Milano o a Roma. Che senso ha? Ma lui niente, non ne ha voluto sapere e come se non bastasse mi ha pure fatto conoscere uno. “Un bravissimo ragazzo, Paride, figlio di uno dei miei più cari amici. Pensa che da grande vuole fare l’avvocato!”, mi ha detto. Ma come potrei uscire con uno che ha quel nome? Paride… Più lo ripeto e più mi sembra brutto…e lo dice una che si chiama Giulietta! E giusto per precisare, il mio nome è frutto della scemenza della Muta che è fissata con quelle tragedie pallose scritte tipo tremila anni fa e che ci insegnano a scuola. Roba da sclero, dico io. Però, se io sono Giulietta, lui era il mio Romeo. E se mio padre scopre come l’ho conosciuto gli viene un infarto, lo so.

Era la festa di compleanno della Muta: lei fa sempre una festa nel salone grande della nostra villa nel giorno che compie gli anni. E mi costringe ogni anno a partecipare vestita con degli abiti orrendi con su dei pizzi e dei merletti che forse andavano di moda ai suoi tempi, quando più o meno c’erano ancora i dinosauri. Ovviamente lui s’è imbucato insieme ai suoi amici, ma tra tutta la gente che mia madre di solito invita, chi poteva accorgersene? È stato allora che ci siamo conosciuti. Non mi toglieva gli occhi di dosso e io mi sentivo bellissima come una di quelle modelle che si vedono sui cataloghi di moda. “Aspetta che lo racconti a scuola!”, ho pensato, ma proprio in quel momento lui si è avvicinato. Mi ha parlato e oltre che bellissimo tipo Justin Bieber ma con i capelli più scuri, mi è sembrato tanto dolce e gentile. Peccato per quei cretini dei suoi amici che hanno cominciato a sfottere, ma alla fine abbiamo deciso di ignorarli e, lontani dagli occhi degli altri, ci siamo baciati in giardino, seduti sulle sdraio vicino alla piscina. Ci siamo scambiati i numeri di telefono e i contatti su Facebook, ma quella notte, mentre mi appisolavo, mi è arrivato un messaggio sul cellulare. “Amò, esci k sn in giardino”. Mi sono affacciata al balcone della mia stanza, al primo piano, e lui era lì. Non era neppure tornato a casa e mi aveva aspettata là fuori per tutto il tempo. Un brivido mi ha scosso quando l’ho visto. “Se mio padre ti vede ti ammazza, e poi ammazza me”, gli ho detto. Sì, lo so, non è una delle cose più romantiche da dire in un caso del genere, ma mica potevo incoraggiarlo più di tanto, dico io. E poi era vero che mio padre ci avrebbe ammazzati se ci avesse visti. Ma a quel punto lui ha cominciato a parlarmi di sole e oriente, di ali dell’amore e manti della notte. Lo ammetto, non ci ho capito niente, ma alla fine abbiamo passato così quasi tutta la notte. Se n’è andato all’alba, ma non pensate che lo abbia fato salire in camera e ci abbia fatto chissà cosa: mica faccio quello con uno che ho conosciuto la sera prima! Però l’idea mi ha sfiorato un paio di volte, mentre ero con lui.

Il giorno dopo lo abbiamo passato a messaggiare e a taggarci su Facebook con i video dei Modà e di Emma. Poi è successo un casino. Cioè, sapevo che mio padre è isterico, ma quella volta ha superato ogni limite. Ci ha beccati mentre passeggiavamo insieme mano nella mano e mi ha trascinata a casa urlandomi di tutto. Tipo che una ragazza di buona famiglia come me non può abbassarsi ad uscire con uno come quello, e la parola quello la diceva tutto schifato, come se avesse mangiato qualcosa di disgustoso. Perché quello, secondo lui, non è come me o lui. E la Muta, ovviamente, faceva la muta. Io ho cominciato a rispondere a mio padre. Cioè, tu insulti il mio ragazzo e io devo stare zitta? Ma alla fine mio padre mi ha messo in punizione ed è andato a parlare con i genitori di lui e fine della storia. Non l’ho più rivisto né sentito. Poi un giorno, quando finalmente ho riavuto il permesso di usare il cellulare, ho letto un suo sms che mi diceva di aver fatto a botte con quello scemo di mio cugino Tebaldo (tutti nomi interessanti, in famiglia mia, eh?) che, da bravo troglodita, saputo quello che era successo, voleva difendere il mio onore, o almeno così andava dicendo in giro. E nel farlo aveva mandato all’ospedale l’amico Mercuzio. Ora anche lui era in punizione ed era stato mandato in campagna dalla zia. Questo significava che non ci saremmo visti per mesi e la cosa mi ha mandata nel panico. Cioè, insomma, io lo amavo e lui amava me…che senso aveva stare così lontani? Dovevo fare qualcosa per rivederlo, e il mio vecchio amico Lorenzo poteva essere la soluzione. Perché? Ha il motorino e i miei si fidano ciecamente di lui.

Peccato che Lorenzo, quando ha capito che da lui volevo solo un passaggio per andare a trovare il mio Romeo, mi ha lasciata in mezzo alla strada più isolata della città, in piena notte. E sì che lo so che ha sempre avuto una cotta per me, ma reagire così è proprio esagerato. Oltre che non me l’aspettavo. Ho chiamato lui, gli ho chiesto di venirmi a prendere. È arrivato dopo mezz’ora. Guidava la macchina dello zio, e la cosa mi è sembrata subito strana: ha 16 anni e non ha la patente. Però mi ha detto che era un caso di emergenza e ha dovuto prenderla di nascosto. Mi stava riaccompagnando a casa quando abbiamo avuto l’incidente. Ho pensato che sarei morta, che saremmo morti entrambi. Quella volta, in ospedale, non sono mai stata tanto contenta di rivedere i miei genitori, ma a loro non lo dico neanche per sogno.

Mio padre continua a parlarmi e io annuisco. Non ha ancora capito che ho le cuffie nelle orecchie e ascolto Adele dall’ipod. Quando è noioso! Per fortuna che il mio cellulare comincia a squillare. Devo scendere, mi sta aspettando fuori. Saluto mio padre che continua a sbraitare mentre la Muta si dipinge le unghie e mi fiondo oltre il cancello di casa. Non li sopporto davvero più, quei due vecchi! Ma com’è che si diventa come loro, a una certa? Ho proprio bisogno di una bella passeggiata e di una chiacchierata. E magari anche di un bel gelato. Corro incontro alla mia best friend Francy e l’abbraccio. “Gelatino, tesò?”, le dico, e lei accetta volentieri e ci dirigiamo in centro raccontandoci i fatti nostri. E pure lei ha dei genitori pesanti e una storia finita male con un ragazzo, quindi lo so che mi capisce quanto io capisco lei. L’adoro perché lei è uguale a me. La stessa cosa non si può dire per il mio caro Romeo. Che, giusto per puntualizzare, ho lasciato io la scorsa settimana. E che vi aspettavate, che mi suicidassi per amore insieme a lui? Ho 14 anni ma non sono stupida. E poi sono cresciuta parecchio, da allora. Cioè, abbiamo continuato a vederci, dopo l’incidente. Fino a quando non l’ho scoperto che limonava con quell’oca di mia cugina Rosalina. Tipo che manco la luna cambia faccia più in fretta di lui. Ma vi rendete conto? Quello là è uscito con me ma contemporaneamente si vedeva anche con lei. Insomma, dopo questa credo di aver chiuso con gli uomini. Almeno per ora. Perché se Romeo è davvero Romeo, dovrebbe essere pronto a rinnegare il suo stesso nome per me, a superare ogni ostacolo di pietra, a lottare per il nostro germoglio d’amore nel vento estivo. E dovrebbe esser pronto a morire sulle mie labbra, solo per amor mio. Chiedo forse  troppo?

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